3 febbraio 2013

Sospensioni facili: come difendersi dalle sanzioni disciplinari

Le regole per difendersi, il decalogo:
  1. Non perdere la calma, delle parole fuori posto dette al prof. o a qualcun'altro possono aggravare ancora di più la situazione, cercate di sembrare agli occhi dei vostri compagni e degli altri prof. dalla parte del giusto, si schiereranno dalla vostra parte!
  2. Farsi aiutare: se ritenete di aver subito una ingiustizia è importante coinvolgere altre figure come il coordinatore di classe, il dirigente scolastico e i propri rappresentanti degli studenti nel consiglio di classe, d'istituto e nella Consulta Provinciale degli Studenti, sapranno aiutarti!
  3. Non negare l'evidenza, ma non confessare ciò che non è dimostrabile, c'è sempre tempo per farlo!
  4. Meglio dire tutto e subito ai propri genitori. Eviterete brutte situazioni e se avete ragione o meno cercheranno di ridurre i danni.
  5. Leggere con attenzione lo statuto degli studenti e il proprio regolamento d'istituto. In questi documenti sono scritti i vostri diritti, fateli valere!
  6. Ricordate che avete diritto ad esporre le vostre ragioni: "Nessuno può essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni” (comma 3 art. 4 D.P.R. 249/1998, come modificato dal D.P.R. 235/2007)
  7. La responsabilità disciplinare è personale, non potete essere sanzionati senza che vi siano elementi che facciano chiaramente emergere la vostra responsabilità. Chi vi accusa ha l'obbligo di verificare la reale sussistenza di elementi concreti, precisi e concordanti dai quali si desuma che l’infrazione disciplinare sia stata effettivamente commessa da parte dello/degli studente/i incolpati (comma 9 ter art. 4 D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249 come modificato dal DPR 21 novembre 2007, n. 235)
  8. Se rischiate una sospensione, prima che il consiglio di classe vi inflagga una sanzione di questo tipo avete diritto a ricevere una comunicazione scritta in qui sia specificato che regole avete violato. (Il procedimento disciplinare verso gli alunni è infatti una azione di natura amministrativa e il relativo procedimento messo in atto costituisce procedimento amministrativo, al quale si applica la normativa introdotta dalla Legge 07/08/1990 n. 241 e successive modifiche ed integrazioni, in tema di avvio del procedimento, formalizzazione dell’istruttoria, obbligo di conclusione espressa, obbligo di motivazione e termine.)
  9. Se siete stati sospesi ma ritenete di aver ricevuto una sanzione ingiusta, fate ricorso all'organo di garanzia interno alla scuola, (l'organo deve esserci a norma dello statuto degli studenti, se non c'è mettete al corrente della situazione i vostri rappresentanti degli studenti affinchè pretendano la sua costituzione), se l'organo di garanzia accoglie il ricorso, la sanzione disciplinare verrà annullata. 
  10. Come si fa un ricorso all'Organo di Garanzia? Entro 15 giorni dalla comunicazione puoi ricorrere facendo valere i tuoi diritti presso l’organo di garanzia interno, di cui fa parte almeno un rappresentante eletto dagli studenti. Recati in segreteria e fai protocollare una tua lettera in cui scrivi di voler fare ricorso a quest'organo e chiedi di essere ascoltato. Contro le decisioni dell'Organo di Garanzia interno alla scuola, puoi appellarti all'organo di garanzia regionale, composto da due studenti designati dal coordinamento regionale delle consulte, tre docenti e tre genitori, suddetto organismo è presieduto dal direttore dell’ufficio scolastico regionale, deve pronunciarsi entro trenta giorni dal momento in cui è stato appellato. In tutto questo puoi farti aiutare dai sindacati studenteschi.
Si invita a verificare il contenuto in quanto le norma in materia possono variare, non si garantisce l'attendibilità -  © Riproduzione vietata

2 febbraio 2013

Riassunti: - Eveline - She was fast asleep - in Dubliners di J. Joyce


Eveline, Dubliners 

Eveline, a nineteen year old girl, is fall in love with Frank, open mind and kind sailor. She would  leave for Buenos Aires with him. Eveline is sat at a window of her house thinking about her life. She has a mortifying work, her family is poor, the father is violent and the dead of the mother left by herself. But because of the nostalgia she is insecure and doubtful in taking a decision about her new life in Argentina (psychological paralysis), but at the end of the story Eveline give up a new happy life. This passage is an example of narrative Joyce’s experimentalism: are employed the use of free indirect speech and the compenetration of different narrative plans; chronological order of events is confused by subjective time of Eveline’s emotions. 

She was fast asleep, The Dead, Dubliners 

Gretta falls asleep in the bedroom, but Gabriel remains awake, disturbed by Gretta’s new information about Michael Furey, a boy who died for her. He curls up on the bed, contemplating his own mortality. Now that he knows that another man preceded him in Gretta’s life, he feels not jealousy, but sadness that Michael Furey once felt an aching love that he himself has never known. Reflecting on his own controlled, passionless life, he realizes that life is short. Even aunt Julia would die soon and he would have comforted her aunt kate. Seeing the snow at the window, he envisions it blanketing the graveyard where Michael Furey rests, as well as all of Ireland. The description concentrates on Gabriel's insecurities, his social awkwardness, and the defensive way he copes with his discomfort. The main theme is the intersection of life and death. The narrator maintains a neutral and distant presence.

Un aviatore irlandese prevede la sua morte, W. B. Yeats

Traduzione italiana della poesia "Un aviatore irlandese prevede la sua morte", una delle più celebri di William Butler Yeats.

Sento che troverò il mio fato
 
In un luogo tra le nuvole lassù;
Coloro ch'io combatto io non odio,
Coloro ch'io difendo io non amo;
Il mio paese è Kiltartan Cross,
I miei compaesani i suoi pezzenti,
Non può alea nessuna menomarli
O rendere più lieti che in passato.
Non legge né dovere m'imposero la guerra,
Non uomini politici, né folle plaudenti,
Un impulso gioioso e solitario
Trasse a questo tumulto fra le nubi;
Ho soppesato tutto, valutato ogni cosa,
Gli anni avvenire parvero uno spreco di fiato,
Spreco di fiato gli anni del passato,
In bilico con questa vita, questa morte.

I giudizi negativi e infiniti secondo Kant

Con il termine NEGAZIONE si definisce il giudizio che connette il soggetto e il predicato in un rapporto di esclusione, con riferimento alla copula (nel giudizio negativo vero e proprio: A non è B), con riferimento al predicato (A è non-B)

Esempi:
LA CAPRA NON è UN CANE
LA CAPRA è UN NON CANE

I CAPRINI SONO NON CANI
 
  • Il giudizio negativo, ovvero "a non è b", consiste semplicemente nel negare che il predicato b appartenga ad a, ossia che il predicato b sia ascrivibile al soggetto a. Vale a dire che non si dà il caso che "a è b", quindi "a non è b".
 
  • Il giudizio infinito ha a che vedere con classi o insiemi. Quando dico "a è non b" dico che "a" appartiene alla classe "non-b". In questo caso si considera l'insieme "b" e "non-b", e non il singolo individuo a. Stiamo parlando di insiemi o come li definisce Kant «estensioni», e non di singoli individui. Riassumendo se dico "a è non b" dico solamente che a appartiene alla classe "non-b".

 Le parole di Kant:
«Ora con la proposizione: l'anima è non mortale, io ho realmente affermato qualcosa - è vero - secondo la forma logica, poiché ho posto l'anima entro l'estensione illimitata degli enti non mortali. Ma dato che il mortale forma una parte dell'intera estensione degli enti possibili, mentre il non mortale la parte restante, con la mia proposizione non si dice allora null'altro, se non che l'anima è una delle cose - numericamente infinite - che rimangono, quando io abbia eliminato interamente il mortale». (88, 10-20).

L’etica kantiana tra questioni aperte e aspetti che le conferiscono solidità

QUESTIONI APERTE:


  • VALIDITA’ DELL’IMPERATIVO CATEGORICO
Immanuel Kant imposta una trattazione sistematica sulla morale nel tentativo di dare un fondamento ad una morale universale: esisterebbe una legge morale che ha la caratteristica di essere necessaria e universale, non vi sarebbe cioè  dubbio che l'uomo in quanto uomo abbia dei "doveri", "debba solo perché deve" comportarsi secondo un imperativo categorico. In realtà seguendo una prospettiva evoluzionistica quelle che sono chiamate "norme morali" sono comportamenti sociali progressivamente sorti all'interno dei gruppi  per tutelare l'autodifesa, la solidarietà, la coesione e la mutua assistenza nel gruppo, vi è stato perciò un processo di "universalizzazione" delle stesse norme morali dettato da necessità utilitaristiche e non dall’esistenza di un imperativo morale innato nella natura stessa dell’essere umano.
  • IMPOSTAZIONE FORMALISTICA
L’etica kantiana è formale perché svuota i suoi precetti di ogni contenuto particolare e si rifugia
così nella generalità delle formulazioni etiche che le garantiscono di sottrarsi al relativismo etico e al divenire storico dei contenuti morali. La legge morale è una pura forma che cerca di regolare l’agire etico della persona conferendogli universalità ma anche ambiguità data la sua formulazione; il soggetto si trova innanzi a sé una morale rigorosa ma troppo generale e priva di precisi riferimenti comportamentali pratici, le formule dell’imperativo categorico non rappresentano infatti una guida etica concreta. Ad esempio circa la prima formula dell’imperativo categorico ("agisci unicamente secondo quella massima in forza della quale tu possa insieme volere che essa divenga legge universale") come un soggetto potrebbe mai sapere se il principio sulla base del quale regola il suo comportamento, possa valere come norma valida per tutti gli uomini? è infatti del tutto soggettivo per la natura della sua formulazione  il principio per cui vale la massima “non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te stesso”.
  • CONTRADDIZIONI CON LA CRITICA DELLA RAGION PURA
Nella Critica della ragion pratica si approda a una visione opposta rispetto alla Critica della ragion pura, in quanto al meccanicismo della Critica della ragion pura si contrappone il finalismo della ragion pratica. La Critica della ragion pratica presenta uno spiccato finalismo: tutta la vita morale è tesa alla realizzazione del fine del bene. Nella vita morale l’uomo si pone un fine: la virtù, il bene. Anzi, Kant aveva anche parlato di un “regno dei fini”, cioè un regno ideale di tutti gli uomini che si rispettano vicendevolmente, e, seguendo la seconda formula dell’imperativo, si trattano sempre come fini e mai come mezzi. Il regno dei fini è il regno della morale: se la morale si realizzasse pienamente sarebbe il regno della finalità: ognuno sarebbe considerato dagli altri come un fine in sé. Il finalismo della Critica della ragion pratica è opposto al meccanicismo della Critica della ragion pura. Soprattutto, nella Critica della ragion pratica si presenta la libertà come uno dei tre postulati, cioè uno dei tre requisiti fondamentali senza i quali la vita morale non può aver luogo. Siamo dunque di fronte a questa contraddizione: da una parte Kant concepisce la natura come priva di ogni finalità e come priva di libertà; dall’altra considera l’uomo come capace di porsi fini, e come operante in una dimensione di libertà. Dalla Critica della ragion pratica emerge la visione di un’umanità che vive in una dimensione che non ha niente a che vedere con quella naturale: sembrerebbe che ci sia un’estraneità tra la natura e l’uomo, la natura meccanicista e l’uomo dotato di finalismo.
  • CONCEZIONE RELIGIOSA
I tre postulati della ragion pratica delineano un’etica necessariamente legata alla sfera religiosa ( addirittura cristiana): La libertà nuomenica dell’uomo (cfr. libero arbitrio), l’esistenza di Dio (inteso come un giusto remuneratore) e l’immortalità dell’anima (necessaria per avvicinarsi sempre più alla perfezione morale) sono principi di fede e come tali la ragione umana non ha alcun potere conoscitivo definitivo su di essi; sorge spontaneo chiedersi come possano essere accettati questi postulati che vertono a differenza di quelli geometrico-matematici su un ambito in cui le facoltà conoscitive del soggetto sono decisamente limitate. Essi riguardano la fede e per questo non possono essere alla base di un’etica che si prefigge di essere universale. Per quali motivi il buon cristiano sarebbe di per sé un soggetto morale? Si sfocia pericolosamente nel considerare di pari passo conformità religiosa e moralità.  Inoltre i postulati dell’esistenza l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima pongono, nonostante ciò sia smentito, certe azioni dell’uomo come mezzo per il raggiungimento di utile (la vita eterna), la virtù non dovrebbe essere invece un mezzo ma un fine, è premio a sé stessa. E’ singolare che successivamente agli sforzi argomentativi per affermare la libertà nuomenica dell’uomo si giunga ad un’impostazione in cui vi è una “tirannide della ragione” che tenta di imporre imperativamente doveri: risulta infatti contradditoria nella comune esperienza l’affermazione “debeo, ergo sum liber”.
  • CONFLITTI TRA GLI IMPERATIVI MORALI
Non appare accettabile come Kant definisca la situazione in cui due comandi morali, derivati dall'imperativo categorico, si trovino in conflitto. Vi è uno scritto di Kant contro Benjamin Constant (Su un presunto diritto di mentire per amore degli esseri umani, 1797), nel quale si sostiene che se un innocente fosse rifugiato in casa nostra, e un uomo che lo cerca per ucciderlo ci chiedesse dove si trova, noi avremmo l'obbligo di rispondere la verità, perché i principi morali non ammettono eccezione. È chiaro che questa posizione è stata oggetto di critiche. Tra i critici più severi vi è Hegel, il quale ammette una subordinazione gerarchica delle norme morali, in base alla quale è evidente che la salvezza di una vita autorizza a infrangere alcune norme morali meno importanti, come quella che ci obbliga a dire la verità. Per Hegel la natura dialettica della realtà in cui viviamo porta a situazioni di conflitto fra le norme, nelle quali dobbiamo agire rispettando il valore più alto, e sacrificando eventualmente a esso quello minore. Kant, al contrario, non tratta in modo sufficiente il problema dei conflitti morali, denunciando in questo la natura astratta e della sua filosofia morale.
  • POSIZIONE ANTROPOCENTRICA E INATTUALITA’
La legge morale, secondo Kant, prevede il rispetto solo della persona umana: il fondamento è sempre ed esclusivamente il soggetto morale-razionale umano, il quale sarebbe obbligato al rispetto dei suoi simili, “i quali vanno considerati anche come dei fini e non solo dei mezzi”. Kant di questo si accontenta, e non ritiene necessario lo stesso rispetto per gli esseri non umani (i quali quindi possono essere sottoposti a quelle prevaricazioni che solo nel caso dell'uomo non sarebbero consentite) e il mondo naturale, l’ambiente. L'uomo, infatti, in quanto capace di elevarsi al di sopra della natura tramite la ragione, sarebbe “il vero fine della natura”, mentre gli altri esseri figurerebbero in ultima analisi come strumenti a disposizione dell'uomo stesso. Infatti “nell'intera creazione si può adoperare anche come semplice mezzo tutto ciò che si vuole e di cui si dispone: solo l'uomo, e con lui ogni creatura razionale, é uno scopo in se stesso» (Critica della ragion pratica, cap. III). Ai nostri giorni tutto ciò appare inaccettabile: l’inquinamento, l’uso cieco delle risorse naturali, lo sfruttamento e l’uccisione non rispettosa della dignità di ogni essere vivente  come potrebbero esse considerate azioni non in contrasto con la morale?. Per Kant gli unici doveri che abbiamo verso gli animali sono doveri indiretti verso l’umanità: una sorta di spirito caritatevole nei confronti degli animali, che serve all’uomo per elevare il suo senso di umanità. Se gli unici esseri che sussistono come fini in sé sono gli esseri dotati di raziocinio, allora gli esseri umani che non sono autonomi e non sono dotati di ragione perché ad esempio hanno subito delle lesioni celebrali, secondo la teoria kantiana non avrebbero diritti e potrebbero essere utilizzati solo come mezzi. Per cui o la presenza di autonomia e razionalità non possono essere considerati il fondamento del valore morale supremo, o anche gli uomini menomati, i bambini etc. dovrebbero
essere considerati allo stesso modo di come oggi vengono considerati gli animali. Questa ipotesi risulta palesemente aberrante.

ASPETTI CHE CONFERISCONO SOLIDITA’ ALL’ETICA KANTIANA:


  • RIGORE LOGICO-FORMALE
L’etica kantiana per suo rigore logico-formale fornisce all’uomo un modus vivendi universale nei dettami dell’imperativo categorico che esprime un dover essere incondizionato. Appare del tutto condivisibile il fatto che il concetto di bene e di male non deve essere determinato prima della legge morale, ma soltanto dopo di essa e mediante di essa.
  • VALORIZZAZIONE DELLA RAGIONE UMANA
Uno dei principali contributi della dottrina kantiana è l'aver superato la metafisica dogmatica operando una rivoluzione filosofica tramite una critica della ragione che determina le condizioni e i limiti delle capacità conoscitive dell'uomo anche nell'ambito pratico. E’ senz’altro apprezzabile il fatto di ricercare un fondamento alla morale razionale e interno all’uomo.
  • RELIGIONE RAZIONALE
La religione coincidente con l'etica si presenta come assolutamente razionale: non vi sarà bisogno né di dogmi, né di sacerdoti che li custodiscano, né di culti, né di chiese dove praticarli. Tutti coloro che si sottopongono alla morale autonoma degli imperativi categorici saranno i membri di una società spirituale che dà vita alla chiesa invisibile degli uomini di buona volontà.  Kant distrugge la filosofia scolastica che si occupava di dimostrare e adornare i dogmi della religione, la teologia speculativa e la psicologia razionale. A Kant va quindi riconosciuto il merito, ineguagliato da altri, di aver trovato un modo di conciliare fede e ragione, un progresso enorme in chiave cristiana rispetto al Credo quia absurdum di Tertulliano.